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INDIETROL'ALTRA FACCIA DELLA LUNA. CM.45X60AVANTI
L’ALTRA FACCIA DELLA LUNA
Fin da piccolo ho sempre sognato di volare, amavo tutto ciò che potesse librarsi nell’aria, mentre gli altri andavano a giocare col pallone, io passavo il mio tempo a guardare le nuvole, il volo delle rondini, dei corvi che ad ali tese controvento rimanevano immobili nell’aria e poi giù a capofitto richiudendole fino a riprendere il volo con quello sbattere lento delle ali tipico dei corvi. Quando sentivo il rombo del motore di un elicottero o di un aeroplano, correvo alla finestra o fuori in cortile e col naso all’insù lo guardavo quasi con eccitazione fino a che non spariva lontano. Da ragazzo ho così cominciato a costruire aerei da me progettati, usando canne di bambù, carta, cartone, alcuni arrivarono a sfiorare i tre metri ma pochi volarono, alcuni lo fecero per pochi metri trascinandoli con uno o più fili; con alcuni compagni di gioco costruimmo anche dei rudimentali missili, ci mettevamo dentro il carburo, scappavamo e poco dopo con un soffio sordo partiva il pericolosissimo missile, logicamente lo si faceva lontano dai genitori, altrimenti erano botte. Mi specializzai in seguito nella costruzione di aquiloni e quello finalmente mi permise di vederli volare alti nel cielo, sempre più grandi, con forme diverse e lunghe code di carta. Correvo libero nei campi con la matassa di filo tra le mani, trascinando l’aquilone mentre saliva sempre più in alto e poi quando il vento era buono ci si poteva fermare a guardarlo lassù volare bello, colorato, allora chiamavo i vicini che accorrevano incuriositi, a volte si radunava intorno anche una piccola folla di ragazzi e ragazze con le loro mamme ed ancora oggi mi ricordo quei volti, alcuni non ci sono più, altri si ricordano ancora degli aquiloni di Peppino, così mi chiamavano i miei genitori e continuano a chiamarmi ancora i vicini di casa, quelli che accorrevano, come già ho detto, a vedermi in quegli ormai lontani primi anni sessanta. La vita purtroppo è come un missile che velocissimo sale nel cielo, gli anni volarono in fretta e così smisi di fare aquiloni. Gli anni sessanta furono anni in cui sembrava tutto fosse possibile, la televisione ci raccontava ciò che avveniva fuori dal Paese, le riviste illustrate ci facevano sognare, ad Inverigo molti milanesi avevano la seconda casa, ci passavano il periodo estivo ed io li guardavo incuriosito e più li guardavo, più il paesello mi diventava stretto, finchè decisi di andare a Milano a cercare il lavoro, lo trovai proprio in centro …… era come vivere un sogno, ero riuscito un’altra volta a spiccare il volo e questa volta ero IO a volare. Sul treno che quotidianamente mi portava a Milano, conobbi Laura, lei ci andava per studiare, ci innamorammo ed ancora oggi continuiamo insieme a costruire questo lungo volo iniziato con gli aquiloni tanti anni or sono come fanno i gabbiani, un po’ controvento, un po’ a favore, librandoci nell’aria arriveremo …… forse a vedere l’altra faccia della luna……. Questo quadro lo dipinsi venticinque anni fa, avevo ancora trentadue anni. Da allora nulla è cambiato.
Donghi Giuseppe